ketubàh |
La celebrazione religiosa ebraica non può considerarsi un atto sacramentale, ma la benedizione di un contratto. Nella visione strettamente religiosa, è la forma pubblica con la quale una donna viene consacrata ad un uomo e alla famiglia che si formerà. La celebrazione può avvenire in un luogo aperto o in casa. Di regola è celebrato in Sinagoga. Anche se non indispensabile, la presenza del rabbino è tuttavia normale.
Il maestro della comunità controlla se non vi siano impedimenti al matrimonio e che tutto sia in regola dal punto di vista del rito. Per esempio la presenza di almeno dieci persone (al di sotto di tale numero non si forma una comunità).
Il rito del matrimonio inizia con il corteo nuziale, che si forma fuori della Sinagoga. Gli sposi si recano poi in una saletta all’interno della Sinagoga per svolgere il rito civile sulla base delle leggi dello stato. Il rabbino legge il testo della ketubàh alla presenza di due testimoni. L’atto viene firmato dallo sposo e consegnato alla sposa prima che vengano recitate le benedizioni matrimoniali. Il rabbino precede gli sposi sotto la huppàh, un baldacchino generalmente ricoperto di velluto rosso con ricami in oro che rappresenta la futura abitazione dei due sposi.
Huppàh |
Sotto la huppàh, oltre al rabbino e agli sposi, prendono posto i genitori e i testimoni. Quando tutti hanno preso posto e il corteo si è collocato nel centro della sinagoga, il Rabbino prende un calice di vino e recita la benedizione. Gli sposi bevono dal calice e quindi lo sposo mette l’anello al dito all'indice della mano destra della sposa (tena’im). L’atto è unilaterale perché non vi è uno scambio di anelli.
Lo sposo consegna alla sposa la ketubàh (contratto matrimoniale). La celebrazione prosegue con le “Nisuin” (SETTE BENEDIZIONI) recitate dal Rabbino e dagli altri invitati. Gli sposi bevono nuovamente dal calice. Vengono poi accompagnati dal Rabbino e dai genitori verso l’Aron, l'Armadio Sacro, nel quale sono contenuti i rotoli della Thorah.
Durante il piccolo corteo, il cantore intona il salmo 127. I genitori pongono la mano destra sul capo degli sposi e li benedicono. Viene quindi aperto l’Aron e dinanzi ai rotoli della Thorah il Rabbino copre con il suo Talleth il capo degli sposi pronunciando la benedizione. Al termine della cerimonia, lo sposo infrange un bicchiere, per ricordare che nessuna cerimonia può considerarsi completamente lieta dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme e l’allontanamento dalla terra Santa del popolo eletto. Con la cerimonia nuziale gli sposi sono considerati come rinati e tutti i loro precedenti peccati sono ormai perdonati.
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